La Val Canale, Kanalska dolina in sloveno, si estende per una ventina chilometri nell’estremo nordest del Friuli Venezia Giulia. Vista la sua posizione, è stata da secoli uno snodo tra Europa mediterranea e centrale, ma soprattutto un crocevia tra popoli slavi, germanici e latini. La valle è appartenuta per secoli al Ducato di Carinzia e una parte al Ducato di Carniola (sotto l’Impero d’Austria), diventando territorio italiano solo con il Trattato di Saint-Germain del 1919.
A causa delle alterne vicende storiche e politiche, la popolazione locale di lingua slovena (oggi tutelata dalla legge dello Stato italiano 482/99 in materia di minoranze linguistiche) non ha avuto vita facile, soprattutto per quanto riguarda la tutela e la conservazione del proprio patrimonio culturale e linguistico. Ma nonostante ciò, ancora oggi è vivo il dialetto locale sloveno chiamato “ziljsko narečje”, e la comunità continua a mantenere antiche usanze tramandate di generazione in generazione. La vita culturale della comunità è scandita da feste tradizionali che si svolgono nel periodo natalizio, ma soprattutto in estate. Tra le più sentite è la festa chiamata “žegen”.

Debutto in società
In un altro articolo vi avevamo parlato dello “žegen” che si svolge nel paese di Ugovizza – Ukve nella seconda metà di luglio. Oggi invece vi vogliamo raccontare di un altro “žegen”, che viene celebrato a Camporosso (Žabnice in sloveno) a inizio settembre, in occasione della ricorrenza di Sant’Egidio (Svet Ilen nel dialetto sloveno locale). Anche in questo caso i protagonisti della festa sono i ragazzi e le ragazze che compiono 18 anni – una sorta di debutto in società, eco di antichi riti di iniziazione che segnavano l’accoglimento dei giovani nella comunità come membri attivi.

Un tempo questo rito coincideva con la chiamata al servizio militare, ed era quindi riservato solo ai maschi. Ma i tempi moderni, con il calo demografico e l’emigrazione, hanno portato a un cambiamento radicale da questo punto di vista. La “konta”, come viene chiamato il gruppetto di giovani debuttanti vestiti con abiti tradizionali che sfilano allo “žegen”, è oggi composta sia da ragazzi che da ragazze.
La tradizione della “maja”
A differenza dello “žegen” di Ugovizza – Ukve, quello di Camporosso – Žabnice ha un preludio qualche mese prima, durante la festività del Corpus Domini. In quell’occasione, infatti, viene innalzata la “maja”, un albero di abete decorato – una tradizione dalle molteplici sfaccettature, le cui radici affondano nei riti precristiani (ne abbiamo parlato qui).
Tre giorni prima della festività del Corpus Domini, i diciottenni si riuniscono per preparare coroncine di rami d’abete e fiori di carta con cui verrà decorata la “maja”. La sera prima della festività vanno nel bosco, tagliano un abete e lo portano in paese accompagnati dalle ragazze e dal festoso suono delle fisarmoniche.

Una volta in paese, l’albero viene privato della corteccia, decorato e issato vicino alla chiesa. Lì rimarrà fino alla viglia della festa di Sant’Egidio, quando verrà abbattuto e segato in pezzi. Secondo la tradizione, la legna ricavata dalla “maja” viene venduta e con il ricavato si pagano i cibi e le bevande per i ragazzi e per chi li ha aiutati a procurare e issare l’albero.
Il culmine della festa
L’apice della festa dello “žegen” di Camporosso – Žabnice è la domenica: la mattina un corteo si snoda partendo dalla parte vecchia del paese, chiamata “Filija” (contrapposta all’altra parte, chiamata “Ves”). In testa al corteo ci sono ovviamente i ragazzi e le ragazze della “konta”, nei loro begli abiti tradizionali.

A seguirli ci sono i suonatori, gli altri paesani e delle bambine che vendono dei mazzetti composti da un garofano rosso, un rametto di rosmarino, uno di lino, uno di geranio erba rosa (Pelargonium radens, “roženkravt” in sloveno) e una spiga di grano. Il mazzetto ha un valore simbolico e va appuntato sul petto: a destra per i sposati, a sinistra per gli scapoli, come ci ha spiegato la signora Marija Moschitz, che ci ha illustrato le tradizioni legate a questa festa. Un tempo questo era un ottimo espediente per segnalare chi era ancora libero, e quindi in cerca dell’anima gemella.

Il corteo durante il suo tragitto si ferma davanti alle osterie del paese, dove non mancano canti e balli. La meta finale è la chiesa, dove viene celebrata la santa messa, dopo essere andati in processione intorno alla chiesa stessa.

Uno dei momenti più attesi è il canto alla fine della messa, sotto il tiglio davanti alla chiesa: qui gli uomini e i ragazzi si radunano e intonano la canzone “Rasti rasti rožmarin” (“Cresci, cresci rosmarino”), canzone simbolo dello “žegen” di Camporosso – Žabnice. Ai canti si accompagna un brindisi con il vino, offerto dai ragazzi, che è stato benedetto durante la messa.
Una festa per tutte le generazioni
Ciò che colpisce dello “žegen” di Camporosso – Žabnice è la partecipazione attiva alla festa da parte di tutte le generazioni: giovani, famiglie, anziani, bambini… Lo “žegen” è davvero una tradizione che riunisce tutti, rinsaldando il senso di comunità e la presenza della cultura slovena anche in questo angolo di terra.

Uno dei capisaldi di questa tradizione è senza dubbio la musica, più precisamente i tradizionali canti sloveni che si tramandano da secoli. Da sempre, infatti, il canto rappresenta un elemento fondante della cultura slovena, in cui viene tramandata non solo la tradizione musicale, ma anche quella linguistica e culturale in genere.
Gabriele Moschitz, direttore del coro della chiesa, ci ha raccontato:
“Mio padre era organista e ci ha insegnato le canzoni della tradizione slovena, che ora noi custodiamo nel cuore e tramandiamo alle giovani generazioni.”

E in effetti anche i giovani sanno cantarle, come Janko Gerdol, che ha compiuto 18 anni e ha fatto parte della “konta” l’anno scorso:
“Ci divertiamo e siamo orgogliosi delle nostre tradizioni. Per la preparazione della festa ci vuole molto lavoro, tutta la famiglia è coinvolta, ma ne siamo felici.”

Anche sua sorella Mojca conferma:
“I giovani non vedono l’ora di diventare maggiorenni e fare la ‘konta’. Sin da bambini si osserva con interesse tutto ciò che accade durante la festa, per imparare e arrivare pronti quando sarà il proprio turno. Essere nella ‘konta’ è un momento indimenticabile: ti senti al centro di tutto e lo vivi fino in fondo, perché sai che una cosa così succede solo una volta nella vita.”
Video reportage
Abbiamo cercato di catturare l’atmosfera dello “žegen” di Camporosso – Žabnice in questo breve video, in cui potere sentire le canzoni tradizionali e anche la tipica parlata locale “ziljsko narečje”.
Usi e costumi arricchiscono un popolo e lo mantengono unico e caratteristico rispetto a tutti gli altri. Grazie per questo articolo, non conoscevo queste feste tradizionali, ma mi hanno affascinato tantissimo!
Adoro in generale le feste tradizionali locali, ma questa ancora di più visto che è sentita davvero da tutti, con un occhio di riguardo ai ragazzi del paese!
Adoro le feste tradizionali, è un modo per non dimenticare da dove veniamo e i vari culti, giochi che si facevano negli anni passati
sarebbe davvero bello poter assistere a questa festa tradizionale zegen, mi piace soprattutto l’idea del mazzolino da appuntare al petto
Ma che belle tradizioni!! si impara tanto della cultura di un popolo durante queste feste di paese, forse è per questo che appena riesco partecipo a qualche sagra.
Un debutto in società? E chi avrebbe mai potuto pensare che esistesse ancora una cosa del genere? Io l’ho sempre associato all’Inghilterra vittoriana, ma non immaginavo che esistesse anche in Slovenia. Certo, in questo caso è molto più democratico, visto che riguarda sia uomini che donne e che prescinde dalla classe sociale!
È un dovere preservare queste antiche usanze e festività e, generalmente, a me piace partecipare alle feste popolari. Mi incuriosisce molto la tradizione della maja e gli abiti tradizionali li trovo splendidi
Senza dubbio insolita come tradizione, però si vede dalle foto e dalle parole dei ragazzi quanto sia sentita e viva. Il paese partecipa orgoglioso a questo evento, come se tutti fossero invitati ad una nostra classi “festa di 18 anni”
Adoro le tradizioni antiche e mi piace scoprirle! Sono d’accordo con il signore nel video quando dice che la cosa bella è vedere tanti bambini che assistono. Infatti la loro partecipazione permetterà di tramandare alle future generazioni questa bella festa, fatta di abiti tradizionali, colori, canti e balli.
Che meraviglia questi abiti tradizionali dalle sfumature rosse! Mi piace molto quando qualcuno racconta delle feste tradizionali di un luogo o di un Paese e questo debutto in società ha l’aria di essere una festa interessante e molto sentita. Anche a me sarebbe piaciuto partecipare!