Benečija, manciate di paesi sparsi sulle colline tra Cividale e il Matajur. Frequento queste valli da quando ero bambina, eppure, nonostante di anni ne siano passati, continuo a scoprire nuovi luoghi, paesini di cui quasi ignoravo l’esistenza, per non parlare delle tradizioni che ancora sopravvivono tra quei boschi e villaggi semiabbandonati.
E proprio di queste tradizioni siamo andati a caccia noi di Slovely, come ogni anno durante il periodo di carnevale: eventi carnevaleschi in cui si respira ancora l’aria di tradizioni portate avanti di generazione in generazione e le cui origini si dissolvono nelle nebbie di un passato molto, molto lontano.
L’anno scorso abbiamo documentato il carnevale di Čarni Varh/Montefosca e dei suoi Blumarji, in un breve video reportage che potete vedere qui. Quest’anno invece abbiamo esplorato le tradizioni di due paesi vicini tra loro: Ruonac/Rodda e Marsin/Mersino, e i loro Pustjé.

Il calore della festa
Ma chi sono i Pustjé? Cosa rappresentano? Cosa fanno in giro per la Benečija nei giorni di carnevale? Vedendoli, la prima risposta che viene in mente è: portano allegria con i loro costumi colorati, le musiche, i canti e gli scherzi. In effetti, grazie ai Pustjé durante il periodo di carnevale la vita sembra fare ritorno nei piccoli villaggi sperduti delle Valli del Natisone, dove decenni di emigrazione e calo demografico hanno svuotato le case.

Anche chi non vive più nelle frazioni di Ruonac/Rodda e Marsin/Mersino, ma vi rimane ancora legato per motivi familiari o affettivi, per carnevale torna nella vecchia casa di famiglia e apre le porte ai Pustjé, in una festa che coinvolge tutto e tutti. Le padrone di casa imbandiscono le tavole con ogni bendidio da offrire ai Pustjé (e a chi li accompagna), e nei cortili s’intonano canti e si improvvisano balli.

Anche noi “forestieri”, che all’inizio ci siamo avvicinati timidamente alle bande allegre e chiassose dei Pustjé, siamo stati accolti fin da subito con calore e simpatia sincera, il che ci ha permesso di immergerci appieno nell’atmosfera di questa festa genuina.
Tra galli, diavoli e nastri colorati
Nonostante il territorio relativamente piccolo, il carnevale in Benečija si caratterizza per una notevole varietà di maschere: quasi ogni paese ha il suo gruppo mascherato con personaggi ben definiti, anche se con alcuni tratti in comune.

Così, sia tra i Pustjé di Ruonac/Rodda sia tra quelli di Marsin/Mersino ci sono i “te grdi” (= “i brutti”), con i vestiti fatti di frange variopinte, che ricoprono anche il caratteristico copricapo conico. Non possono mancare i campanacci intorno alla vita per scacciare l’inverno e le “kliešče”, tenaglie retrattili in legno che servono per acchiappare bambini e ragazze, ma anche per fare ogni sorta di scherzi. Ci sono poi i “te lepi” (= “i belli”), con ampie gonne colorate e cappelli decorati con fiori di carta realizzati a mano, e una maschera adibita alla raccolta dei doni che porta un cesto.

Giorgio Banchig, presidente dell’Inštitut za slovensko kulturo / Istituto per la Cultura Slovena, ci fa notare come le maschere tradizionali della Benečija si inseriscano in un quadro più vasto, comune ad altri popoli europei. Il caratteristico dualismo tra “i belli” e “i brutti”, l’inverno e la primavera, riporta all’eterna lotta tra il bene e il male, e i gesti che oggi possono sembrare solo scherzi carnevaleschi nascono originariamente da riti e culti precristiani, di cui rimane forte il legame con la terra e i suoi ritmi naturali.
“Si tratta di un fatto antropologico insito nell’animo umano,” conclude Banchig. “La Benečija è un vero scrigno di queste antiche tradizioni, che andrebbero valorizzate di più.”
Ma quali sono le peculiarità dei gruppi mascherati dei due paesi? Per Marsin/Mersino sono senza dubbio il Gallo e la Gallina, due enormi maschere zoomorfe, ricoperte da frange come i “te grdi”, portate in spalla da un pustar giovane e forte.

Un tempo le figure carnevalesche ispirate agli animali erano più numerose e, secondo gli studiosi, sono tra le maschere di carnevale più arcaiche, risalenti ad antichi riti propiziatori e diffuse tra diversi popoli europei. In effetti, il Gallo e la Gallina di Marsin ricordano le figure dei Piceki e Kürike, le “galline e galli di carnevale” della regione slovena Štajerska (ne abbiamo parlato qui).

A Ruonac/Rodda le due figure di carnevale più particolari sono Anjulac (l’Arcangelo Michele) che tiene alla catena Zluodij (il Diavolo), o meglio, ci prova a tenerlo: Zluodij infatti si divincola in continuazione, con la sua forca fa ogni sorta di dispetti e rincorre i bambini, allo stesso tempo attratti e terrorizzati da questa oscura figura.

“Era così anche per me,” ci racconta Mirko Domenis che impersona la maschera dello Zluodij. “Sin da piccolo avevo paura di questa maschera, nonostante sapessi bene che chi la indossava fosse uno del paese. Ma allo stesso tempo desideravo ardentemente poter indossarla io, un giorno.” Desiderio che si è avverato e che Mirko porta avanti da qualche anno, con orgoglio e affetto sincero per le antiche tradizioni del paese.

Precedentemente a impersonare lo Zluodij era Antonio “Tonca” Trinko, che oggi realizza le tradizionali maschere in legno, arte tramandatagli dalla zia Silvana Buttera. Con Tonca a girare per i paesi durante il carnevale ci sono anche i suoi figli, e devo dire che di bambini ne abbiamo visti tanti nel gruppo mascherato: una speranza che le tradizioni e i canti continuino a vivere nei paesini della Benečija.
Anche i più piccoli partecipano con entusiamo al Pust.
Di generazione in generazione
Tanti giovani e bambini, dunque, ma anche la “vecchia guardia”, elemento importantissimo di congiunzione tra il passato e il futuro. Una delle anime del pust di Marsin, Lucia Carlig, ci dice di parlare con Doro Zorza, il “grande vecchio” dei Pustjé, a cui spetta il ruolo d’onore: il “raccoglitore” dei doni, che entra per primo nelle case e fa da apripista ai Pustjé.

Doro, due occhi azzurrissimi e un sorriso accogliente, ci racconta che stava per abbandonare il gruppo mascherato, perché si sentiva troppo vecchio. Per fortuna non lo ha fatto! Vera memoria storica del pust, conosce tutti e ci racconta di com’era il carnevale una volta. “C’erano molte più persone, tante case da visitare, e per andare da tutti i Pustjé giravano diversi giorni, non solo due come adesso.”

Anche se ci sembra di capire che Doro guardi con nostalgia a quel passato in cui nei villaggi le case erano ancora ampiamente abitate e si attendeva il carnevale tutto l’anno per potersi concedere un po’ di baldoria, ci sembra che comunque a Doro non dispiaccia com’è il pust oggi.

Grazie a lui e a tutti gli altri che ogni anno si prodigano per portare avanti le antiche usanze, i Pustjé continuano a portare la loro allegria anche nelle frazioni più remote della Benečija, dove speriamo che i loro canti non smettano mai di riecheggiare.

Nel nostro nuovo video-reportage, che potete vedere qui sotto, abbiamo riunito in un unico racconto la nostra esperienza tra i pustjé di Ruonac/Rodda e Marsin/Mersino. Ascoltate le storie di queste persone e del loro legame indissolubile con la loro terra e le tradizioni che continuano a essere vissute con intensità ed entusiasmo sincero.
Sono molto interessanti queste tradizioni ed è bello che vengano portate avanti. Il carnevale non è tra le mie feste preferite, non amo i travestimenti e in questo genere di costumi così rappresentativi vedo costantemente la lotta tra la luce e le tenebre, tra il bello e il brutto che come dici bene tu sono il bene e il male. E non è sempre detto che vinca il bene!
Mi è sempre piaciuto scoprire le tradizioni dei luoghi che visito e il carnevale non è da meno. Davvero caratteristici i costumi del gallo e della gallina e le maschere più particolari dell’arcangelo e del diavolo.
[…] e i suoi personaggi, e a questo proposito vorrei concludere con il rinvio a questo interessante articolo scritto da Sara Terpin del sito Slovely.eu […]